Nonostante l’emergenza Coronavirus, il lavoro giudiziario continua a svolgersi – seppur con qualche rallentamento – e porta buone notizie a chi lavora a stretto contatto con il mondo dell’hospitality: gli autisti di transfer che lavorano con la formula del Noleggio con Conducente (NCC).
Come si ricorderà, un decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 23 dicembre 2018 disponeva, fra l’altro, l’obbligo di rientrare in sede dopo ogni servizio.
Furono inevitabili le proteste: molte licenze NCC sono infatti emesse da comuni diversi da quelli dove si lavora. Quindi rispettare il decreto aveva causato a questa categoria un evidente aumento dei costi per carburante e manutenzione, con concomitante perdita di incarichi e introiti.
Una decisione storica per gli NCC

Con la sentenza n. 56 depositata il 26 marzo 2020, invece, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo proprio quell’obbligo. La relatrice della decisione, Daria de Pretis, ha spiegato che tornare in rimessa prima di cominciare ogni prestazione “comporta un irragionevole aggravio organizzativo e gestionale per il vettore NCC, costretto sempre a compiere a vuoto un viaggio”.
Tale obbligo, si legge ancora nella sentenza della Suprema Corte,
È sproporzionato rispetto all’obiettivo di assicurare che il servizio sia rivolto a un’utenza specifica e non indifferenziata, poiché la necessità di ritornare ogni volta in sede per raccogliere le richieste che lì confluiscono può essere superata – senza interferire con il servizio di taxi – grazie alla possibilità, prevista dalla stessa legge, di utilizzare gli strumenti tecnologici.
In altre parole, se il tassista è autorizzato a usare il radiotaxi, il cellulare o addirittura le app per assicurarsi ingaggi, perché l’NCC non potrebbe?
La sentenza apre davvero a Uber?
Secondo il sito Business Insider, questa decisione aprirebbe a una più massiccia diffusione di Uber sul territorio italiano, ma qui a TuttoHost rileviamo ancora un ostacolo insormontabile a quello scenario.
Infatti, gli autisti dei servizi Uber Pop e Uber X, così diffusi all’estero, non posseggono ancora lo status legale per poter operare (vale a dire la licenza). D’altro canto, è vero che i servizi come Uber Lux, Uber Van e Uber Black torneranno a essere molto più disponibili, ma si tratterà di un semplice rewind alla situazione com’era nel 2018.